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Società Italiana di Storia Militare


ARCHIVIO FOTOGRAFICO

 La battaglia della Baia dei Porci. (Cuba 1961)
 Si ringrazia il Socio Elio Susani per le fotografie e il testo di questo articolo

Gli obbiettivi dell'Operazione "Pluto".

Si trattava di obbiettivi molto ambiziosi : creare una forza d'invasione in grado di prendere terra nelle località designate, costituire una testa di ponte e rafforzarla, conquistare l'aeroporto viciniore, sbarcare la quantità necessaria di rifornimenti per consentire alle colonne armate di sospingersi nell'entroterra e conquistare i nodi stradali dell'area. Qualora questi primi obbiettivi fossero stati realizzati, un governo "provvisorio" in attesa spasmodica di notizie a Miami, sarebbe stato finalmente trasportato ed insediato sull'isola. Di questo governo fantoccio, capeggiato da Josè Miro Cardona, avrebbero fatto parte Manuel Antonio De Varona, Manuel Ray, Justo Carrillo e Carlos Hevia. Nel contempo le punte avanzate degli invasori, raggiunto l'entroterra più profondo possibile, avrebbero avuto il compito di contattare le popolazioni locali e sollecitarle alla sollevazione contro il Governo Rivoluzionario castrista. Una volta insediato, il nuovo governo avrebbe avuto il compito di promulgare qualche legge fittizia per giustificare ufficialmente la sua esistenza, e quindi richiedere formalmente l'aiuto militare diretto statunitense per invadere definitivamente l'isola e rovesciare il regime di Fidel Castro. Per realizzare il progetto la CIA mette in campo 588 tra suoi dirigenti e funzionari, analisti, istruttori militari, tecnici, esperti di logistica e di comunicazione, informatori, ed ex incursori e piloti militari. Agiranno da basi statunitensi in Florida ed in Georgia, e su basi clandestine in Guatemala, a Panama, Porto Rico, Honduras, Costa Rica, e soprattutto e più scopertamente in Nicaragua grazie all'appoggio fattivo del dittatore locale Luis Somoza Debayle. Hanno il compito di costruire, organizzare, istruire e mantenere quella che sarà la forza effettiva dello sbarco, trasportata da un convoglio navale ed appoggiata da un Gruppo Aereo. Fonti d'informazione contemporanee statunitensi quantificano nella cifra di 46 milioni di dollari dell'epoca il costo reale dell'operazione, escluso il costo per il pagamento dei membri della forza di spedizione che si imbarcheranno, quasi 2.000, compresi gli equipaggi delle navi e degli aerei impiegati. Un costo molto difficile da determinare nel dettaglio, in quanto ciascun singolo combattente ha ricevuto paghe per periodi individualmente registrati. Sono però state rivelate le entità del soldo corrisposto : ciascun membro della spedizione riceveva un salario mensile libero da imposte di 175 dollari per i celibi e di 225 dollari per i coniugati; altri 50 dollari per il primo figlio ed altri 25 dollari per eventuali altre persone a carico, oltre al vitto ed all'alloggio. Molto superiori erano le paghe destinate agli ufficiali ed ai piloti. Anche per questi motivi, prima i Cubani, poi nel tempo anche altre fonti di informazione, hanno definito come Mercenari (Mercenarios) i membri della spedizione. Se i Cubani lo hanno fatto sicuramente in termini dispregiativi, in molti oggi accettano la terminologia, in quanto del tutto oggettiva rispetto ai fatti.

Dietro le quinte. Le chiavi rotte di un progetto fallito.

"In un sistema di governo parlamentare sono io che dovrei andarmene, ma nel nostro sistema te ne devi andare tu". Così il Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy licenziò il Direttore della CIA Allen Dulles dopo il fallimento dell'Operazione "Pluto" alla Baia dei Porci di Cuba. Si era nell'estate del 1961. Annotiamo questo ed altro a 55 anni dal disastro politico e militare che incise sugli schieramenti geopolitici dell'epoca e consolidò in un modo irreversibile il regime di Fidel Castro. I documenti della CIA in proposito sono desecretati da diversi anni. Una delle parti più interessanti è senza alcun dubbio quella ricostruita dal Responsabile dell'Ufficio Storico della CIA stessa, Jack Pfeiffer, che vi lavorò dal 1974 al 1984. L'inizio della famosa vicenda si ebbe il 18 gennaio 1961, quando alla Casa Bianca l'ormai anziano generale Dwight 'Ike' Eisenhower stava per lasciare l'incarico della presidenza al neo eletto John Kennedy. Vi fu un incontro con i dimissionari e gli entranti Segretari di Stato e, nella cabinet room, vennero invitati anche i ministri del Tesoro e della Difesa. La trascrizione stenografata e ufficialmente desecretata dell'incontro viene pubblicata dallo storico Tim Weiner nel 1997. Nel corso di questa conversazione si legge che il neoeletto Presidente Kennedy chiese espressamente ad Eisenhower dei chiarimenti sul sostegno che gli USA avrebbero dovuto accordare alle operazioni di guerriglia sul territorio cubano, e soprattutto se tale sostegno andasse corrisposto anche nel caso in cui ciò avesse manifestamente coinvolto in modo diretto il Paese. La risposta di Eisenhower fu affermativa e perentoria : "Non possiamo permettere che l'attuale governo cubano rimanga al potere". All'interno della CIA, però, permanevano dubbi sulle possibilità di successo di un'invasione. Inoltre, si registrava che parecchi aspetti del progetto che dovevano perlomeno rimanere segreti vennero diffusi in misura tale da poterli considerare compromessi. Diversi giornali americani avevano già pubblicato reportages sull'addestramento delle forze anticastriste sia sul territorio americano sia altrove. Nonostante ciò il Vicedirettore ai Piani, Richard Bissell, amico personale di Kennedy, membro della corrente liberal del Partito Democratico (sic!), intendeva comunque bruciare le tappe e si rifiutava ostinatamente di riconoscere che la CIA non aveva la forza di far cadere Castro.
Analizzando i documenti emerge che, in realtà, l'Agenzia era consapevole che solo un attacco in grande stile all'isola e compiuto dall'Esercito Statunitense, avrebbe piegato il regime di Castro. Avvalorando a posteriori codesto assunto, uno studio effettuato da analisti dell'Agenzia quattro anni dopo il fallimento a Playa Giròn, stimarono che una invasione con percentuali molto alte ma comunque non certe di successo avrebbero prodotto perdite non inferiori ai 18.000 uomini. "Questa idea era parte di un testo preparato per JFK, appena eletto, che il presidente però non lesse mai - come riporta Newsweek. Kennedy, successivamente, affermò che la CIA e l'Esercito non credevano che lui avrebbe resistito alle loro pressioni nel caso in cui l'invasione fosse stata sul punto di fallire. Un vero azzardo, dunque, in quanto, riporta sempre Newsweek, -...il Presidente fece proprio così. Non diede mai l'ordine di intervenire.

L'11 marzo 1961 Bissell presentò a Kennedy quattro distinti piani per l'affaire Cuba. Nessuno di essi convinse il Presidente che, di rimando, ed evidentemente assai contrariato, gli concesse solo tre giorni per mettere a punto un piano credibile. Probabilmente Bissell dovette essersi riletto affrettatamente la storia dello sbarco in Normandia del 1944 perchè l'unica "trovata" che riuscì a cavare dal cappello fu quella di scegliere per "L'Operazione Pluto" tre grandi spiagge nella Baia dei Porci alle quali affibbiare il nome in codice di colori diversi. Il sito inoltre pareva soddisfare una ennesima richiesta da parte dell'amministrazione: ci doveva essere un aeroporto o perlomeno una pista d'atterraggio all'interno della testa di ponte che andava consolidata, e sulla quale far pervenire i membri di un nuovo governo cubano. Bissell riuscì a convincere Kennedy (e non si sa come abbia fatto) che il peggio che poteva capitare era uno scontro con le forze cubane sulle spiagge, che avrebbe costretto gli invasori a rifugiarsi sulle montagne. Montagne che a Playa Giròn non esistono. Ancora peggio : nessuno aveva la benchè minima idea di come fossero conformate le spiagge individuate da Bissell. Nessuna ricognizione era mai stata fatta in quell'area che non era altro (ed ancora lo è oggi in larga misura) una estensione labirintica di paludi e di mangrovie. Per giunta le mappe utilizzate dalla CIA nel mettere a punto i piani risalivano al 1895.
Riferisce Tim Weiner: "In primavera il Presidente non aveva ancora dato l'approvazione a un piano d'attacco. Il 5 aprile incontrò Allen Dulles (il capo della CIA) e Richard Bissell, ma le loro strategie non lo convincevano. Giovedì 6 aprile chiese loro se il previsto bombardamento della piccola forza aerea di Castro avrebbe compromesso l'effetto sorpresa dell'invasione. Nessuno aveva una risposta".
Accuratamente gli venne tenuto nascosto che alcuni alti dirigenti della CIA erano consapevoli che senza la totale distruzione della forza aerea di Castro, lo sbarco si sarebbe potuto risolvere in un disastro. Bissell trovò modo di convincerli che avrebbe ottenuto da Kennedy il via libera agli attacchi aerei preventivi. Ma Kennedy pretendeva un'operazione silenziosa, con margini di "plausible deniability" e Bissell, per accontentarlo, promise che la forza aerea di attacco non avrebbe impiegato tutti i 16 bombardieri previsti assieme, bensì 8 alla volta. L'operazione era nata all'insegna dell'approssimazione e della sottovalutazione, premesse per un sicuro disastro. Ma tutti a Washington sembravano impazienti di calpestare una tagliola. Alla fine Il 15 aprile, che era di sabato, scattò l'Operazione "Puma" volta a distruggere a terra l'Aviazione delle FAR (Forze Armate Rivoluzionarie) di Castro. Otto bombardieri A-26 attaccarono tre aeroporti cubani riuscendo a distruggere cinque aerei e a danneggiarne una decina : quasi la metà dell'obbiettivo. Si è saputo più tardi che il regime di Castro, detentore di un già discreto servizio informativo, interno ed esterno, aveva avuto concreto sentore del prepararsi di una invasione, ed alcune misure di vigilanza e di mobilitazione erano già state prese. Si è saputo, ancora più tardi, che i servizi segreti cubani erano riusciti ad avere notizia perfino della data esatta dell'invasione, ma ciò che comunque ammisero, è di non essere mai riusciti a conoscere in anticipo il luogo esatto dello sbarco. Anche per questo, almeno inizialmente, la mobilitazione dell'Esercito e delle Milizie era avvenuta in misura pressocchè eguale e generale, distribuendosi su tutto il territorio nazionale. Così, anche buona parte degli aerei era stata spostata e dissimulata in zone più lontane dalle basi. Vedremo quanta parte della sconfitta dell'invasione sia stata ascrivibile alla rimanente Aeronautica cubana ancora pienamente intatta. Quando le forze della Brigata 2506 (era la denominazione del corpo d'invasione) in un modo o nell'altro presero terra ci vollero solo poche ore per i comandanti dei battaglioni a rendersi conto che la situazione si sarebbe fatta sempre di più disperata con il passare del tempo. Angosciati appelli per l'intervento diretto statunitense vennero rivolti via radio direttamente a Grayston Linch , il capo operativo della CIA.

Ma Kennedy non firmò nulla, e non autorizzò nulla. Nel frattempo Richard Bissell non trovò nulla di meglio da fare che spedire un suo stretto collaboratore dall'ambasciatore americano presso le Nazioni Unite, Adlai Stevenson, per informarlo che l'attacco aereo era stato compiuto da ribelli cubani utilizzando aerei cubani. Stevenson raccontò la storia in diretta televisiva a tutto il mondo per poi scoprire a distanza di poche ore di essere stato clamorosamente ingannato. Dato che i Douglas A-26 Invader erano aerei in dotazione anche all'aeronautica di Castro, si era pensato di camuffarli con false insegne cubane. L'accorgimento era valso nel tentativo di sorprendere i difensori e nel contempo far credere che si trattasse di ribelli ammutinati. Ma i primi relitti degli aerei abbattuti dall'antiaerea erano stati fotografati e mostravano numeri di identificazione non cubani. E soprattutto erano di una versione diversa da quelli in dotazione alle FAR : avevano il muso metallico ed armato, diversamente da quelli cubani che avevano il muso vetrato da ricognizione. Le documentazioni rivelate successivamente, e molte solo negli ultimi anni, dimostrarono che la CIA aveva acquistato tramite la compagnia Intermountain Aviation 26 bombardieri A-26C di cui 20 erano già in condizioni operative. Altre compagnie private che sorressero le Operazioni Puma e Pluto furono la Civil Air Transport (CAT), fondata nel 1946 dal Maggior Generale dell'USAF Claire Chennault e successivamente acquistata dalla CIA che la denominò Pacific Corporation Holding, e nella quale trovarono collocazione altre compagnie minori come la Southern Air Transport (SAT), e le due più piccole Air America, e Air Asia. Fu il comandante dell'Alabama National Guard, l'unica forza aerea americana ad avere ancora in dotazione gli A-26, il generale Doster, ad essere incaricato di reperire gli equipaggi necessari. Attraverso la Compagnia Double-Check Corporation, Doster reclutò circa 80 statunitensi esperti in B-26, alcuni provenienti dal 117º TRW dell'USAF, per assicurare la manutenzione dei velivoli ed addestrare i piloti (circa 60 esuli cubani, ed alcuni nicaraguensi). Le operazioni vennero svolte in clandestinità in una vecchia base aerea dei Marines in disuso a Opa-Locka nei pressi di Miami. Ufficialmente gli equipaggi erano pagati ed alle dipendenze della Carribbean Marine Aero Corporation, mentre l'addestramento avveniva ufficialmente per mezzo della Zenith Technical Enterprises Inc. Tutto l'armamento dei bombardieri fu acquistato per mezzo della Carribic, meglio nota come Interarms Company, il cui proprietario era il trafficante d'armi legato alla mafia Sam Cummings.

Il 22 aprile il Presidente Kennedy convocò il Consiglio per la Sicurezza Nazionale e chiese al generale Maxwell Taylor, consigliere militare della Casa Bianca, di collaborare con Allen Dulles, il fratello Bob Kennedy e l'ammiraglio Arleigh Burke per analizzare quanto accaduto alla Baia dei Porci. Il lavoro della commissione dimostrò al Presidente che era necessario ripensare al modo di dirigere le operazioni clandestine. Uno degli ultimi testimoni ad essere ascoltati fu il generale Walter Bedell Smith. Dopo una serie di domande sulla democrazia e i poteri del Presidente, alla domanda "Ritiene che dovremmo togliere alla CIA le operazioni clandestine ?" Bedell Smith rispose: "...E' ora di prendere il bugliolo e metterci sopra un altro coperchio...". Certo è che ad un certo livello gli americani non se le sono mandate a dire... ed a settembre Allen Dulles rassegnò le dimissioni. Richard Bissell resistette in carica per altri sei mesi, grazie alla amichevole benevolenza di JFK, ma alla fine non servì a nulla. Dovette dimettersi a sua volta abbandonando poltrona e carriera. Nella sua relazione conclusiva sulla Baia dei Porci, l'Ispettore generale della CIA, Lyman Kirkpatrick, concluse che all'Agenzia non avevano assolto al compito di tenere due Presidenti e due Amministrazioni informate in modo realistico e preciso sull'operazione.
Diciannove copie del suo rapporto furono distrutte e l'unica superstite rimase chiusa in cassaforte per 40 anni. Quando fu resa pubblica, riportava nella parte conclusiva : "bad planning, inadequate intelligence, poor staffing, and misleading of White House officials including the President, as key reasons for the failure of the operation. Plausible denial was a pathetic illusion". ("pianificazione sbagliata, informazioni inadeguate, personale di scarso livello e fuorviante nei confronti dei funzionari della Casa Bianca, tra cui il Presidente, come motivi principali del fallimento dell'operazione. Una plausibile negazione non sarebbe altro che una patetica illusione".

Il filosofo e militare cinese Sun Tzu nella sua opera L'Arte della Guerra ammonisce : "...conosci te stesso e conosci il tuo nemico, altrimenti la tua sconfitta è vicina..."

Le forze contrapposte.

La spedizione militare che avrebbe dovuto rovesciare il governo rivoluzionario cubano di Fidel Castro salpò dalla base di Puerto Cabezas, in Nicaragua, tra la notte del 15 e la giornata del 16 aprile 1961. Nei due giorni precedenti, come abbiamo visto con l'Operazione "Puma" forze aeree d'appoggio alla missione avevano già bombardato i tre aeroporti principali del paese, a Managua, presso l'Avana, San Antonio de Los Banos, e Santiago. Oltre ai vertici della CIA già citati, troviamo a capo della forza di sbarco della Brigata 2506 sul campo il comandante Josè Perez de San Romàn, già esperto ufficiale dell'esercito dell'ex dittatore Fulgencio Batista. Suo vice sul campo Andrès Oliva. Vero comandante militare delle operazioni era però il colonnello dei Marines ed uomo di fiducia del Pentagono, Jack Hawkins che seguiva da vicino, a bordo di una delle navi del convoglio. Il fatto che la spedizione sia stata sgominata in due giorni e mezzo, evento che i più esperti ed onesti analisti della CIA avevano concretamente temuto, non comporta assolutamente il fatto di dover considerare la forza impiegata come uno "scherzetto" prodotto da sprovveduti globali. Infatti se analizziamo accuratamente la natura militare del progetto ci accorgiamo che, almeno all'apparenza, la spedizione rappresentava una minaccia considerevole se destinata ad intervenire su e per obbiettivi limitati. Una prima osservazione di rilievo, quindi, ci porta a considerare che la Brigata 2506 ed i suoi supporti aeronavali furono sicuramente sovraccaricati di obbiettivi di difficile realizzazione, e sovrastimati in generale, anche se molto del tutto, fosse comunque filato liscio. La Brigata d'Assalto 2506, con 1511 uomini, era disposta su 5 battaglioni di fanteria, 1 di armi pesanti, 1 corazzato, 1 di paracadutisti, ed 1 gruppo di assaltatori subacquei. Altri piccoli distaccamenti vedevano un gruppo sanitario, operatori radio e radar, genieri, ed anche un paio di cappellani militari fra l'equipaggio delle navi. Un piccolo gruppo di elementi (5 o 6) era denominato G-5, al comando del colonnello Vicente Leòn che aveva l'incarico di raggiungere l'Avana e di organizzare l'uccisione dei maggiori dirigenti rivoluzionari e di gettare le basi per la deportazione di massa di tutti i quadri del regime castrista.

Una prima osservazione, e che varrà anche per il campo opposto dei cubani, verte sulla terminologia usata da entrambe le parti per definire come battaglione l'unità mobile fondamentale che costituiva l'elemento di base delle truppe. Battaglioni che però erano ben lungi dal rappresentare una forza numerica alla quale siamo abituati a pensare in termini militari ortodossi, cioè una unità militare anche superiore al migliaio di uomini. Basta fare somme e divisioni per rilevare che la forza media di un battaglione della Brigata 2506 non superava i 200 elementi. Il battaglione di paracadutisti, ad esempio, che sicuramente evidenziava le capacità di combattimento maggiori, contava 177 uomini. L'armamento in dotazione era comunque considerevole : 5 carri armati M-41 Bulldog, 10 carri blindati con mitragliere cal. 50, 75 bazookas, 60 mortai di vario calibro, 21 cannoni senza rinculo da 75mm e 57mm, 44 mitragliere cal.50 per la fanteria, 39 mitragliatrici cal.30 per la fanteria, 8 lanciafiamme, 22.000 granate a mano, 108 fucili automatici Browning (BAR), 470 mitragliatori semiautomatici M-3 (grease-gun), 635 carabine semiautomatiche tra Garand e M-1, 465 pistole Colt 45. Un autocarro cisterna per benzina avio, una gru mobile, un bulldozer, 2 camion cisterna per acqua, camionette e trattori vari.

Il convoglio navale era costituito da 5 navi da trasporto del tipo Liberty e Baby Liberty (Houston e Rio Escondido erano le più grandi), poi nell'ordine la Caribe, l'Atlantico e la Lake Charles. 2 LCI (mezzi da sbarco per la fanteria equipaggiata), 3 LCU (mezzi da sbarco per automezzi pesanti e corazzati), 4 LCPV (mezzi da sbarco per uso multiplo), 36 lance di alluminio per sbarco truppe leggere. La forza aerea era composta da 16 bombardieri medi bimotori Douglas A-26 Invader, 8 aerei da trasporto Douglas C-54, 6 aerei da trasporto Douglas C-46, due idrovolanti PBY Catalina.

La scorta navale della Marina degli Stati Uniti vedeva schierata la portaerei USS Essex con a bordo 40 aerei da combattimento ed un battaglione di Marines, una portaelicotteri per l'impiego anfibio USS Boxer, 2 sottomarini USS Cobbler e USS Threadfin, cinque cacciatorpedinieri USS Conway, USS Cony, USS Eeaton, USS Murray, e USS Wailer, due dragamine USS Bache e USS Beale, un pontone da sbarco LSD. Veniva poi schierato l'incrociatore USS Northampton davanti alle coste orientali di Santiago. Il tutto per circa 6.000 uomini degli equipaggi. A bordo delle navi americane si trovava anche il Direttore Generale della CIA Allen Dulles assieme ad una quarantina tra agenti speciali e tiratori scelti. Si trattava del cosiddetto Group 40, una unità d'élite che avrebbe dovuto supportare il lavoro del gruppo G-5 del Colonnello Vicente Leòn a L'Avana, una volta avviata l'eliminazione del governo di Castro. Vennero imbarcati la mattina del 18 aprile su una unità con rotta per l'Avana, ma poco dopo le 14,00 li raggiunse il contrordine : le cose non stavano andando affatto bene e quindi bisognava invertire la rotta e rientrare alle basi. Probabilmente solo una coincidenza che in quegli stessi minuti Kennedy avesse ricevuto un cablo da Mosca da parte di Nikyta Krusheev che suggeriva di porre termine all'aggressione armata nei confronti della Repubblica di Cuba. Diversamente vi sarebbe stato un coinvolgimento delle Forze Armate Sovietiche.

La composizione della Brigata 2506 evidenziava però caratteristiche anche critiche, dal punto di vista delle capacità militari effettive. Erano infatti soltanto 194 i militari o gli ex militari o poliziotti con sufficiente addestramento qualitativo ed esperienze di combattimento. 100 erano rampolli appartenenti a famiglie di latifondisti, 24 erano proprietari terrieri, 67 erano proprietari di immobili (per un totale di 9.666 edifici), 112 erano imprenditori di varia importanza (2 banche, 5 miniere, 2 giornali, 10 zuccherifici, 70 piccole imprese), 35 industriali, 112 erano tra pregiudicati, ex galeotti e disadattati (che la CIA stessa definiva lumpens). Anche se la CIA aveva speso una fortuna in reclutamento ed addestramento, e lasciando stare il discorso della forza morale, probabilmente l'unità non appariva certamente omogenea ed in grado di sostenere scontri a fuoco di una certa intensità. Gli invasori erano equipaggiati con uniformi mimetiche a macchie tropicali di foggia simile a quelle utilizzate dai Marines negli ultimi mesi di campagna nel Pacifico. I cubani le battezzarono sprezzantemente tenute da cacciatori d'anatra.

La parte contrapposta, i cubani, metteva in campo complessivamente 18 battaglioni della Milizia Popolare provenienti dall'intera area sotto minaccia dallo sbarco, ed anche qui vale l'annotazione sopra riportata: il termine battaglione è da intendersi in senso puramente nominale in quanto gli effettivi di queste formazioni di Miliziani erano spesso variabili. Abbastanza piccoli i battaglioni delle zone rurali più remote (250-350 unità), attorno ai 500 elementi in media per i battaglioni dei capoluoghi di provincia. Le FAR (Forze Armate Rivoluzionarie, o Ejercito Rebelde) contribuiva con 2 colonne corazzate, una con 10 carri armati T-34/85 e l'altra con 10 corazzati semoventi SU-100. Altri 5 carri T-34 in appoggio ai Battaglioni della Milizia provenienti da Cienfuegos. Venne mobilitato inoltre il battaglione operativo della Scuola dei Cadetti di Managua (L'Avana), e un battaglione della Scuola delle Milizie di Matanzas. Sempre da Matanzas venne mobilitato un battaglione della Polizia Nazionale Rivoluzionaria. Il gruppo d'artiglieria portato in linea comprendeva 18 pezzi di artiglieria campale da 85mm e 122mm, 6 mortai da 120mm, 10 mitragliere quadrinate antiaeree da 12,7mm e 3 pezzi autotrainati da 37mm. Il totale della mobilitazione, che coinvolse anche centinaia di taxisti, camionisti, autisti di corriere e trattoristi, assommò a circa 12.000 effettivi, dei quali circa la metà entrò realmente in combattimento. Tale forza rappresentava quasi il 10% delle Milizie e delle FAR del settore occidentale di Cuba. Sul campo il Comandante generale era il Capitano Josè Ramòn Fernandez. La zona Covadonga-San Blas-Playa Giròn era assegnata al Comandante Filiberto Olivera Moya, mentra la zona Yaguaramas-San Blas-Playa Giròn era sotto la direzione del Comandante Renè De Los Santos. La zona Yaguaramas-Cocodrilo era sotto la direzione del Comandante Raul Menendez Tomassevich e la zona Cienfuegos-Caleta Redonda-Caleta Buena era al comando del Capitano Orlando Pupo Pena. Il reparto di Polizia Nazionale Rivoluzionaria era diretto dal Comandante generale della stessa Efigenio Ameijeiras. Le forze aeree rimaste intonse dopo l'attacco proditorio degli A-26 con le false insegne ammontavano a una dozzina di aerei da considerare operativi. Tra questi, sei Sea Furies, due T-33, un OS2U Kingfisher, due/tre A-26, e due C-47. Mentre i piloti castristi erano molto esperti (avevano già pilotato da tempo i P-47 Thunderbolt) ed avevano seguito prima la scuola dell'USAF poi la scuola britannica per l'addestramento sui Sea Furies, la stessa cosa non si può dire per il resto delle FAR e soprattutto per le Milizie Popolari. In quel tempo Cuba non aveva ancora incominciato a ricevere in modo organico gli armamenti e soprattutto l'addestramento venuto poi massicciamente a posteriori da parte dei Sovietici. Nei giorni della battaglia, è stato reso noto successivamente, circa la metà delle Milizie Popolari impegnate non aveva ancora ricevuto nessun addestramento di ordine militare, ma aveva compiuto solo addestramento formale, parate, turni di guardia, marce nelle campagne ed il minimo indispensabile di tiro al poligono. Gli effettivi registravano età comprese dai 14 ai 60 anni. Si veda come molto indicative le foto storiche 02 e 03. Inoltre anche nelle file delle FAR l'andamento non era di molto migliore : fra gli artiglieri circa il 50% entrò in battaglia senza addestramento, e se lo fece sulla linea del fuoco. Ad esclusione dei capi-pezzo la media di età dei serventi ai pezzi era di 17 anni. Nelle truppe corazzate le cose andavano un po' meglio perchè erano le uniche ad aver completato al 90% l'addestramento con istruttori russi. Ma l'equipaggio di tre carri T-34/85 utilizzò solo le mitragliere perchè non aveva ancora perfezionato l'impiego dei cannoni. Anche gli artiglieri antiaerei erano pressocchè privi di addestramento al combattimento, e ciò è abbastanza comprensibile, (anche perchè le quadrinate antiaeree erano giunte ai reparti soltanto sei mesi prima) ma diedero inopinatamente le risposte migliori in termini di efficacia. Di gran lunga più sperimentate erano le unità della Polizia e delle Scuole Militari, laddove la maggior parte dei comandanti e dei quadri intermedi erano già stati operativi nelle colonne di Castro e Che Guevara pochi anni prima. L'armamento individuale era quanto di più eterogeneo si potesse immaginare, in gran parte proveniente dall'esercito batistiano sconfitto e da alcune forniture di provenienza europea dall'anno precedente. Fucili Springfield 1903, Remington, Garand, carabine M1, FAL belgi, semiautomatici Thompson, ma soprattutto le carabine cecoslovacche VZ52 e le pistole mitragliatrici Sa25 di cui ci occupiamo a parte. Sempre dalla Cecoslovacchia erano giunte decine di mitragliatrici ZB. Anche l'uniformologia era abbastanza... definiamola di 'pronto intervento', e l'elemento più diffuso era sicuramente il basco grigio. La Marina delle FAR riuscì ad impiegare solo una motovedetta costiera, nell'ultimo dei tre giorni dei combattimenti. E' però da sottolineare, a detta di tutti gli osservatori, che le carenze operative delle Milizie furono compensate da un vitalissimo entusiasmo (anche fin troppo in taluni frangenti), da una generale disciplina e spirito di sacrificio, e dalla fiducia riposta nei propri comandanti. In ultimo una annotazione che riguarda la componente femminile delle Milizie: era assai significativa, ma nessuna di esse venne impiegata direttamente nella battaglia.

 

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