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Società Italiana di Storia Militare


ARCHIVIO FOTOGRAFICO

 La battaglia della Baia dei Porci. (Cuba 1961)
 Si ringrazia il Socio Elio Susani per le fotografie e il testo di questo articolo

Personaggi in chiaroscuro.

Manuel Artime Buesa, nato a Cuba nel 1932, fu uno dei protagonisti più controversi, negativi e sfortunati nello schieramento aggressore. Iniziò la sua carriera politica e militare addirittura al fianco di Castro, laddove si collocò molto opportunisticamente a pochi giorni dal trionfo della rivoluzione. Ben presto però la sua natura politica e formazione culturale sostanzialmente reazionarie lo indirizzarono al fianco di coloro che non apprezzarono la svolta sempre di più verso orizzonti marxisti e comunisti della rivoluzione. Tra questi Huber Matos, Sorì Marìn e Rogelio Gonzales Corzo. Riuscito ad espatriare con l'aiuto dell'ambasciata americana all'Avana nel dicembre del 1959, giunse in Florida dove venne reclutato dal funzionario della CIA Gerry Droller ed assunse un ruolo sempre più attivo nell'organizzazione spionistica statunitense. Ottenne finanziamenti ed incarichi che svolse in alcuni paesi centroamericani, fondò e diresse la MMR, la più importante delle organizzazioni di estrema destra degli esuli cubani a Miami. Non è pertanto una sorpresa che lo si veda ai vertici organizzativi della "Operazione Pluto" e con un incarico che (se visto nella parte avversa) sarebbe stato definito di 'Commissario Politico'. Infatti ebbe il compito di rappresentare in campo militare l'istanza politica del progettato governo in pectore da insediare, presieduto da Josè Mirò Cardona, qualora il colpo della Brigata 2506 avesse avuto successo. Nella zona di Playa Giròn sfuggì ai combattimenti e si diede alla macchia. Quattro giorni dopo il termine della battaglia, sfinito, ed assieme a tre dei suoi più stretti collaboratori, venne sorpreso ai margini di una palude di mangrovie da alcuni pescatori che lo consegnarono immediatamente alla Polizia Nazionale Rivoluzionaria che lo arrestò, identificò, rifocillò, e spedì a raggiungere lo stuolo dei suoi commilitoni prigionieri all'Avana. In molti nello staff di Fidel Castro pressarono per liquidarlo, ma Castro si rifiutò recisamente e, con uno dei suoi abituali sofismi politici-comportamentali, intese infliggergli uno schiaffo morale considerandolo soltanto un numero, eguale a tutti gli altri 1.196 prigionieri, ed anzi una semplice mercanzia di scambio. Pagato pertanto a peso d'oro un riscatto, anche con il contributo di amici personali, Artime ritornò ancora una volta negli Stati Uniti. Poichè il lupo perde sempre il pelo ma non il vizio, rimase a libro paga della CIA con nuovi ulteriori incarichi e finanziamenti per ordire nuovi complotti anticastristi. Vagò ancora nei paesi centroamericani per qualche anno ed organizzò altri tre progetti di invasione di Cuba. Mai realizzati. Ad una convention del Partito Democratico americano all'inizio del 1962 conobbe personalmente John Kennedy, del quale divenne amico e consigliere (quando si dice dagli amici mi guardi Iddio...). Concorse ad organizzare personalmente alcuni progetti per assassinare Fidel Castro, almeno tre, dei 637 che la CIA schedulò dal 1959 al 1999 così come confermato sia dal Ministero dell'Interno cubano sia da parte delle Commissioni Senatoriali d'inchiesta statunitensi insediate ed incaricate di sovrintendere in merito a partire dal 1976. Comunque sia, oggi nel 2016, Fidel Castro ha appena compiuto novant'anni. Manuel Artime scomparve nel 1977 per un cancro che pose termine alla sua sfortunata carriera di killer ed agente segreto. Il decorso repentino ed esiziale della malattia indusse addirittura alcuni osservatori, molto pochi e postumi, e senza riscontro alcuno, ad avanzare dubbi sulle reali cause della morte. Nella foto n.44 lo vediamo mentre rende le sue deposizioni davanti alla Corte Speciale del Tribunale Militare di L'Avana durante le sessioni a carico dei mercenarios nel settembre del 1961.

Nel campo opposto, diversamente, furono parecchie le stelle a brillare. Ma più di tutte fu indubbiamente quella di Fidel Castro. D'altra parte non c'è nulla di meglio di una grande vittoria militare per esaltare, consolidare e perpetuare il potere di un governo (sia esso rivoluzionario o meno). In verità Castro aveva già sufficientemente consolidato il suo regime e la sua leadership personale, ma nella situazione venutasi a creare ebbe modo di evidenziare ancora di più doti personali fuori dall'ordinario. Sin dalle prime ore del 17 aprile 1961 si dimostrò energico, instancabile, carismatico, intuitivo, e....fortunato (nell'accezione più napoleonica possibile del termine). Ebbe a prendere, talvolta anche in contrasto con alcuni comandanti del suo staff, decisioni che negli esiti si rivelarono praticamente tutte azzeccate. La più importante secondo chi scrive (e non solo) fu certamente quella di ordinare alla propria Aeronautica (o meglio a quanto ne rimaneva) di bombardare il naviglio della spedizione avversaria. Non tutti erano d'accordo. Alcuni insistevano affinchè venissero colpite le forze che erano già sbarcate e che si stavano dirigendo nell'entroterra. Altri preferivano mediare e suggerire che si dovevano concentrare gli attacchi sulle forze che stavano in quel momento sbarcando. In pochi appoggiarono l'idea di Castro che intendeva colpire subito le navi che stavano per sbarcare i rifornimenti ai mercenarios. Castro prese personalmente in mano il telefono e parlò direttamente con i comandanti piloti Silva Tablada e Carreras Rojas, (peraltro suoi amici personali) che guidavano la FAR Aerea ed ordinò loro espressamente di attaccare esclusivamente le navi. Sappiamo già quanto esito strategico conseguì questa decisione sull'esito della battaglia. Ebbe nella mattinata del primo giorno di combattimenti la felice intuizione di considerare i villaggi di Pàlpite e di San Blas come punti strategici sui quali concentrare le sue forze in combattimenti decisivi. Ordinò di tenere aperta e di presidiare in forze con le Milizie (mentre altri suggerivano di chiuderla) l'Autopista Central, l'unica vera arteria stradale di Cuba già a quel tempo, e che rappresentò alla fine la colonna vertebrale portante sulla quale venivano dispiegati i suoi rinforzi e rifornimenti. Ingiunse ai propri comandanti sul campo di mantenere una condotta molto cauta e prudente delle operazioni, dopo che qualcuno provocò perdite evitabili per troppo e prematuro... entusiasmo. "Non vanno da nessuna parte" ebbe a dire già nel pomeriggio del 17 aprile, "Li fermeremo a Palpite e a San Blas, e dovranno ritirasi, o a ritroso verso il mare o verso le paludi da dove nessuno ha più fatto ritorno...". Non c'è che dire: non sbagliò una virgola. In questo contesto di leadership (nella quale egli mai disgiungeva l'aspetto politico-civile da quello militare) scelse con cura i suoi comandanti sul campo : Josè Ramòn Fernandez (oggi Vice Presidente del Consiglio dei Ministri) che allora conduceva la Scuola dei Responsabili delle Milizie a Matanzas il quale venne anche ferito in combattimento, si dimostrò solido ed intransigente sul campo, anche se non particolarmente fantasioso ( bastava Castro...) ed il caro vecchio amico fidatissimo (già con lui sino dalla spedizione del Granma il 2 dicembre del 1956) Efigenio Ameijeiras, Comandante della Polizia Nazionale Rivoluzionaria, duro, accanito, che si rivelò determinante per la notevole conoscenza dei territori e delle vie di comunicazione, a tratti anche sconosciute e non riportate nemmeno sulle mappe dei luoghi. Castro, infine, ebbe anche il buon senso di lasciare carta bianca ai comandanti dei settori militari di ordine tecnico che meno conosceva : al comandante delle sue forze corazzate, il Cap. Emilio Aragonès Navarro (El Gordo), e a quelli dell'Artiglieria campale Cap. Pedro Mirèt e a quello dell'Artiglieria Anti Aerea Cap. Josè Alvarez Bravo. Lo avrebbero ripagato tutti con performances ottimali. Fidel castro, in ultimo ma non per ultimo, non si risparmiò personalmente, anche qui sfidando la contrarietà del suo staff, e intese dirigere le operazioni a ridosso delle linee di combattimento. Si agevolò in ciò affidando a Comandanti di tutto rilievo la responsabilità delle regioni più importanti in cui era suddiviso il presidio di Cuba: il fratello Raul Castro a Santiago per la parte orientale, Ernesto 'Che' Guevara a Pinar del Rio per il settore occidentale, e Juan Almeida per quello centrale. Fu molto felice l'individuazione dello zuccherificio "Central Australia" come suo Quartier Generale a Jaguey Grande, all'incrocio tra l'Autopista Central e direttamente sulla carretera 116, la prima ed unica via di comunicazione che da lì correva diritta alle zone degli sbarchi. Non si sottrasse nemmeno alla prima linea (i suoi ormai ci avevano fatto l'abitudine) e rimase per ore a bordo di un T-34/85 e di un SU-100 dal quale si prese anche la soddisfazione di tirare qualche cannonata alla nave Houston peraltro già messa fuori combattimento dai Sea Furies ( vedi le foto 46 e 47). Non va dimenticato infine che fu sua l'idea (sempre diversa da chi avrebbe voluto accedere a soluzioni tanto più cruente quanto improduttive) di confezionare e rivendere al mittente (a peso d'oro) il carico di 1.183 mercenarios prigionieri. Magistrale operazione che gli valse anche la considerazione crescente di tanti Paesi cosiddetti Non Allineati. Insomma, da Comandante in Jefe a Lidèr Maximo.

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