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Società Italiana di Storia Militare


ARCHIVIO FOTOGRAFICO

 La battaglia della Baia dei Porci. (Cuba 1961)
 Si ringrazia il Socio Elio Susani per le fotografie e il testo di questo articolo

I Combattimenti.

Un'accurata descrizione dei combattimenti svoltisi nella Bahia de Los Cochinos richiederebbe molto tempo e molto spazio, dovuti soprattutto al fatto che, soprattutto da parte dei difensori cubani, è stata impiegata una forza già in partenza composita e che si è ulteriormente suddivisa sul terreno degli scontri secondo le esigenze tattiche contingenti. Anche il terreno della battaglia, che si è dispiegato su un'area a forma rettangolare larga circa 30 Km e profonda circa 70 Km, in parte transitabile sulle poche carrabili disponibili, peraltro predisposte soltanto appena dopo la rivoluzione, oppure sui sentieri sterrati e intersecanti le boscaglie. Area denominata Cienaga de Zapata : campagna piatta e macchie boscose, estese zone di acquitrino infestate da migliaia di coccodrilli ed estensioni di vera e propria jungla, il tutto immediatamente a nord delle tre spiagge previste per gli sbarchi (vedasi la cartina in mappa 01.) Ciò ha determinato una generale frammentazione dei reparti ed un numero altissimo di spostamenti e scontri a fuoco anche di breve durata ed intensità. Un susseguirsi di riaccorpamenti delle unità ed intercambio delle posizioni. Da qui, l'intento è riepilogativo ed essenziale, mirato semmai a cogliere ed evidenziare le linee portanti dei fatti decisivi svoltisi durante le 66 ore della battaglia.

Dopo le incursioni aeree dei giorni precedenti sugli aeroporti cubani volti a distruggere al suolo l'aeronautica castrista, il momento d'inizio della battaglia alla Baia dei Porci viene comunemente individuato verso le ore 02,00 del 17 aprile 1961. Un gruppo di uomini rana che precede la forza di sbarco ha il compito di approdare e marcare con apposite segnalazioni la spiaggia al centro della zona di sbarco, Playa Giròn (blue beach). Le altre due sono ad ovest, Playa Larga (red beach), e la terza una decina di Km ad est, Caleta Buena (green beach). Quest'ultima a differenza delle altre non è sabbiosa ma calcarea e rocciosa, protetta da una affiorante barriera corallina a meno di duecento metri dalla riva. Il punto in cui gli uomini rana sono approdati a blue beach è ancora oggi una bella spiaggia sabbiosa naturale, con palmizi, che è stata protetta erigendo in mare una lunga barriera artificiale di cemento armato. Nemmeno un centinaio di metri a nord sorge un piccolo resort attrezzato e con piscine, dove si trovano un hotel, un ristorante ed aree giochi per bambini e karaoke. Salendo sempre verso nord per altri duecento metri si apre un'area attrezzata dove su un lato della strada (carretera 122) si trova il Museo Memoriale della Battaglia, ed in fronte ad esso un'area di mercato artigianale, una stazione di servizio, una fermata di autocorriere ed alcuni negozi vari e bar. La periferia di Playa Giròn la si incontra proseguendo ancora verso nord per mezzo Km, ed il paese oggi non è più grande del doppio di quanto lo era nel 1961. Gli incursori approdano dunque con lampade e strumenti di segnalazione a nemmeno duecento metri dal cantiere dove allora si iniziava a costruire il sito alberghiero appena descritto. Attirano l'attenzione di un paio di sorveglianti che chiamano tre miliziani lì distaccati, appartenenti ad una compagnia del Battaglione 339 di Cienfuegos. Interviene uno scambio di battute al quale segue una breve scaramuccia che non sembra dare esito alcuno. I miliziani però non perdono tempo e si rifugiano nel cantiere dove esiste un impianto radio ed un telefono da campo. Poichè i primi tentativi di comunicazione non riescono (le radio sono fredde e il telefono va caricato a manovella) due miliziani partono in auto verso il paese per dare l'allarme. Da qui altri si precipiteranno verso Jaguey Grande ed il grande zuccherificio (Central Australia) già presidiato e dotato di più idonei impianti radio e telefonici. Gli uomini rana si ritirano, avendo svolto il loro compito, e ...facendo di tutto per farsi scoprire. La notizia dell'episodio giunge a L'Avana verso le tre del mattino. Dal punto di Comando n.1 Fidel Castro riunisce i comandanti di settore della capitale ed ordina l'allerta generale (ore 04,00 del 17/04/61). Al “Punto Uno” erano già riuniti il comandante Sergio Del Valle Jiménez, Capo di Stato Maggiore e comandante della Piazza di L'Avana e il capitano Flavio Bravo Pardo comandante dell'Artiglieria; i capi settori della difesa dell’Avana: il maggiore Filiberto Olivera Moya, il capitano Emilio Aragonés Navarro delle truppe corazzate, il capitano Osmany Cienfuegos Gorriarán, il capitano Rogelio Acevedo González, il capitano Raúl Curbelo Morales che sarà nominato capo della Forza Aerea Rivoluzionaria ed il capitano Sidroc Ramos Palacios. A fianco di Castro l'immancabile aiutante di battaglia comandante Antonio Jimenez Nunez (vedi foto storica 41). Tutti i comandi di zona di Cuba vengono informati, ma non esiste ancora la certezza che l'episodio segnalato preannunci uno sbarco, e comunque sia, non si tratti di una operazione diversiva che precede altrove una ben maggiore minaccia. A complicare le cose incominciano a pervenire altre segnalazioni di avvistamenti un po' da ogni dove. Ancora oggi non è dato sapere con esattezza quante di queste segnalazioni fossero dovute ad agenti infiltrati e quante alle impressioni di miliziani sovreccitati. Nemmeno quando gli sbarchi iniziano a Playa Larga e a Playa Giròn alle prime luci dell'alba, verso le 05,00/05,30 del mattino, e che vengono comunque segnalati. Castro si limita ad ordinare la mobilitazione delle FAR, segnatamente della Colonna n.1 di Cojimar e dei battaglioni 219, 223 e 225 di Jaguey Grande, 1 battaglione della Scuola dei Cadetti di Managua ed uno della Scuola dei responsabili delle Milizie di Matanzas. Ciò che all'improvviso determina il superamento delle incertezze sono le segnalazioni del lancio di paracadutisti che provengono da Covadonga, Yaguaramas e dalla Central Australia. Ora non ci sono più dubbi : lo sbarco avviene proprio nella Baia dei Porci. Nel frattempo tutto il battaglione 339 è giunto in zona e viene investito dal fuoco dei primi reparti di mercenarios della Brigata 2506 appena sbarcati. Oppone una resistenza accanita, soprattutto davanti a Playa Larga dove con un paio di compagnie tenta anche un paio di contrattacchi che gli invasori riescono a respingere infliggendo perdite in morti e feriti. Sono entrati in combattimento con soltanto 20 colpi a testa per le loro VZ52. Così come i miliziani dei battaglioni che si sono mossi nelle prime ore del mattino. Le unità che giungeranno successivamente da L'Avana e da altre località avranno il tempo di essere maggiormente riforniti, e quasi tutti entreranno i in zona d'operazioni con almeno 50-80 colpi a testa. Davanti a Playa larga, nel primo mattino del 17 aprile si verifica uno degli scontri dove i miliziani subiscono le perdite maggiori : 14 morti ed una trentina di feriti. Verso le ore 06,00 l'allarme generale ha già provocato la mobilitazione delle Milizie della capitale che con tutti i mezzi disponibili iniziano a dirigersi verso la zona degli sbarchi. Si determinano anche ingorghi di traffico e disguidi, anche perchè non tutti i comandanti conoscono la viabilità alla perfezione. Altri abbandonano le strade intasate e preferiscono seguire sentieri nella campagna guidati dai contadini locali. E' in questi momenti che Castro decide la mossa che avrà conseguenze determinanti sull'esito della battaglia. Parla direttamente per radio con i comandanti dei suoi piloti nelle due basi di Managua e di San Antonio de Los Banos, Enrique Silva Tablada e Josè Carreras Rojas ed ordina loro di attaccare la flotta nemica che sostiene lo sbarco. L'ordine è diretto e perentorio e non ammette deroghe. Qui inizia l'epopea dei 5 Sea Furies e dei 2 T-33 cubani che nei tre giorni di scontri effettueranno 70 missioni d'attacco. Oltre ai due comandanti salgono in volo Alvaro Prendès, Rafael Del Pino, Gustavo Bourzac, Alberto Fernandèz, Douglas Rudd e Carlos Ulloa. I T-33, che sono stati armati in fretta e furia con una mitragliera da 12,7mm forniscono la protezione aerea ed attaccano gli A-26 avversari; i Sea Furies che salgono in coppie, manovrano per attaccare le navi nemiche che si trovano a 4/5 cinque miglia dalla costa. Impiegano tutto il loro armamento : razzi a/t da 60mm e 76 mm e cannoncini da 20mm. Vengono accolti da fuoco antiaereo proveniente dalle navi. I Furies eseguono evoluzioni di tutti i tipi, dalle picchiate in candela agli attacchi a bassa quota da angolazioni variabili. Complessivamente vanno a segno almeno una quindicina di razzi. Alle 07,00 in punto viene ripetutamente colpita la Rio Escondido, la più importante delle navi avversarie. Preda di incendi a bordo, per non farla affondare il suo comandante la porta ad arenarsi contro la barriera corallina. Una grande esplosione la scuote ed una colonna di fumo a forma di fungo si innalza per ottocento metri. Riportiamo un episodio assai curioso: dalla spiaggia un operatore radio della Brigata 2506 assiste impressionato alla scena e chiama il comandante della brigata Perez San Romàn. -"Comandante, Castro ci ha appena tirato addosso una bomba atomica...!"- Vanno in fumo 145 tonnellate di munizioni, 38.000 galloni di benzina e 3.000 galloni di benzina avio. Non passa nemmeno mezz'ora e viene colpita a morte anche la Houston con la quale si perdono 160.000 libbre di alimentari ed acqua potabile, 5 tonnellate di munizioni per armi leggere e 9 tonnellate e mezza di esplosivi vari. Anche la Caribe viene colpita e si ritira con incendi a bordo. Carlos Ulloa viene colpito dall'intenso fuoco antiaereo del convoglio navale e precipita con il suo Sea Fury. I T-33 abbattono due A-26 e ne danneggiano gravemente altri due che effettueranno crash-landing con feriti a bordo, l'uno alle Isole Cayman e l'altro ammarerà a poca distanza di Puerto Cabezas in Nicaragua. Vengono effettuate anche alcune incursioni lungo le spiagge ed i Furies e d i T-33 affondano due mezzi da sbarco e due lance da sbarco. E' da annotare che per tutta la mattinata il Capitano Silva Tablada, a bordo del suo Kingfisher, ha sorvolato le zone dello sbarco osservando e trasmettendo via radio notizie sullo svolgimento delle operazioni nemiche, più di una volta fatto segno da parte del di tiro sia da terra sia dal mare. Un contributo informativo inestimabile nell'economia della battaglia. Tablada cadrà nel pomeriggio, precipitando a bordo di un A-26 delle FAR ripetutamente colpito, con il quale proseguiva l'attività ricognitiva. E' considerato Eroe Nazionale di Cuba, ed il suo Kingfisher, restaurato, è conservato al Museo della Rivoluzione di L'Avana (vedi foto 56). Nella mattinata, mentre i battaglioni 117 e 113 provenienti da l'Avana si scontrano con reparti di paracadutisti avversari e riescono ad entrare in Covadonga ed in Yaguaramas, vengono raggiunti e sostenuti dal battaglione 326 che giunge da Santa Clara. Castro dirama l'ordine di concentrare gli sforzi per bloccare gli invasori in due località precise che ritiene strategiche : Pàlpite e San Blas. Ma non è tutto facile, dato che la Brigata 2506 è sbarcata al completo ed i suoi reparti stanno già raggiungendo quelle località. Con l'opposizione di alcuni più stretti collaboratori Castro abbandona il posto di comando n.1 e si fa portare in zona d'operazioni stabilendo il Q.G. nella Central Australia, appena fuori Jaguey Grande. Insediatosi alla Central Australia Castro, che dispone di apparecchi radio e telefonici efficienti, registra le informazioni personalmente e controlla che gli ordini vengano eseguiti. Le notizie provenienti dalla sua aeronautica sono molto incoraggianti. C'è soltanto bisogno di tempo. Serve stendere un velo leggero di contrasto verso gli invasori e rallentarli, badando a non subire perdite inutili come davanti a Playa Larga. Presto arriveranno le colonne di artiglieria e di corazzati. Fino a sera si svolgono scontri a fuoco un po' ovunque lungo le linee di avanzata della Brg. 2506 appoggiata con alcune incursioni dagli A-26 (provenienti da basi coperte a Puerto Cabezas "Happy Valley Base" in Nicaragua e da Retalhuleu "Rayo Base" in Guatemala) che battono la carrabile 122 intasata di miliziani in marcia. Anche qui i cubani subiscono perdite in morti e feriti. Un fatto controverso e poco chiaro rimane il mancato sbarco sulla green beach a Caleta Buena. Nelle intenzioni degli invasori avrebbe rappresentato un diversivo rispetto agli sbarchi principali. Ma il reparto incaricato di approdare in quella località non lo fece. I cubani asseriscono di averlo respinto con un breve combattimento, ma è più probabile che tale unità abbia subito ritardi e perso la rotta. Alcuni elementi sarebbero finiti troppo ad ovest e si sarebbero uniti ai reparti di sbarco a Playa Giròn, altri si sarebbero ritirati sui gommoni per venire evacuati successivamente dal sottomarino statunitense USS Threadfin. Nella giornata del 17/04 la Brg. 2506 riesce ad occupare l'aeroporto di Playa Giròn ed assicurarlo per alcune ore. Ma l'attività dell'aeronautica castrista è troppo intensa sopra l'area e soltanto un C-54 riesce ad atterrare con qualche rifornimento. Decollerà per il ritorno dopo meno di mezz'ora, accogliendo a bordo ed evacuando alcuni feriti.

All'alba del giorno 18 aprile i battaglioni 111 e 144 raggiungono la zona nord di San Blas provenendo dalle carrabili Covadonga-San Blas e Yaguaramas-San Blas. A Pàlpite viene schierata parte dell'artiglieria campale e antiaerea in campi defilati lungo la carrabile 112. Dalla Autopista Central a Jaguey Grande, da Covadonga e da Yaguaramas, da Cayo Ramona, Colòn, Calimete e Manguito scendono i battaglioni della Milizia Popolare 113, 115, 117, 120, 123, 144, 164, 180, 227, 326, 329 e 345. In tarda mattinata tutti i nodi stradali rivolti a sud della Autopista Central sono presidiati dai corazzati. L'aeronautica mercenaria tenta di appoggiare come può gli ultimi reparti di paracadutisti che vengono accerchiati e sopraffatti. Iniziano ad arrendersi interi raggruppamenti di mercenarios, non prima di essere riusciti a mettere fuori combattimento un T-34/85. L'artiglieria contraerea inizia a falcidiare gli A-26 con le sue batterie quadrinate. La ritirata generale delle truppe mercenarie ha inizio. Pàlpite viene occupata nel primo pomeriggio dopo pesante bombardamento d'artiglieria, e prosegue lungo la carrabile 11 Playa Larga - Playa Giròn l'avanzata delle Milizie verso sud, appoggiate da alcuni mezzi corazzati. Poco prima delle 18,00 una squadriglia di A-26, mandati nell'estremo tentativo di alleggerire la pressione sui reparti della Brg.2506 in ritirata, attacca una colonna delle Milizie in transito su quella strada, nei pressi di Punta Perdiz. Si tratta di quattro velivoli, tre dei quali hanno a bordo un carico di 6.000 libbre di napalm. E' il battaglione 123 che viene investito dal bombardamento, e perde 13 uomini con oltre una ventina di feriti, alcuni con ustioni molto gravi. Due di essi moriranno nei giorni successivi. Vengono distrutti due autocarri, due autocorriere e tre autovetture. La Brg. 2506 tenta di arginare disperatamente l'avanzata delle Milizie sostenute dall'artiglieria e dai corazzati. Reparti ancora in grado di battersi del battaglione n.3, con elementi del n.2 in appoggio, vengono inviati a San Blas dove si scontrano con le Milizie che appaiono sul bivio a forma di Y. Il braccio principale della Y è quello che proviene da Cayo Ramona, gli altri due provengono da Yaguaramas e Covadonga. E' la zona dove maggiore è il concentramento delle forze contrapposte in quel momento. Interviene anche l'Aeronautica delle FAR ad appoggiare i Miliziani. Lo scontro è duro, a più riprese, e si affievolisce col calare della sera. Riprende all'alba e si protrae sino alle ore 11,00 del mattino del 19/04. Viene perduto un secondo T-34 da parte dei cubani che nel frattempo sono stati rinforzati da altri reparti, con carri e artiglierie, ma ormai i mercenarios non sono più in grado di opporre alcuno dei propri carri. Li hanno già persi tutti. Dei cinque M-41 Bulldog in dotazione alla Brigata 2506 i cubani hanno conservato quello recuperato nelle migliori condizioni e lo vediamo nelle foto 27, 28 e 29, esposto al Memoriale di Playa Giròn. Nella giornata del 18/04 è interessante descrivere il comportamento dell'artiglieria delle FAR, così come viene narrato dal Comandante Josè Ramòn Fernandez all'interno della testimonianza resa alla Commissione Speciale del Tribunale Provinciale Popolare della Città di l'Avana che nel 1999 ebbe il compito di redigere una relazione volta a quantificare il danno economico subito dalla Repubblica di Cuba a seguito dell'attacco portato alla Baia dei Porci. Tra le altre cose Fernandèz riferisce che l'artiglieria, trovandosi nelle condizioni di dover eseguire tiri non riscontrabili dagli osservatori, sia per mancanza di strumenti che andassero oltre il binocolo, sia per la conformazione del terreno con estese boscaglie che ottundevano l'osservazione, decise di intraprendere una tattica poco ortodossa, consistente nel brandeggiare a mano ciascun pezzo dopo ogni tiro, sia a destra che a sinistra, per coprire una linea di caduta dei colpi ampia tre volte rispetto al tiro normale di batteria. Ovvero, un colpo al centro, un colpo 200 mt. a sinistra ed un colpo 200 mt. a destra eseguiti sulla distanza di 4,5 Km (vedi foto storica n. 14). Ciò contemporaneamente per batterie da tre a sei pezzi in linea, e con il risultato di ottenere una copertura di fuoco molto ampia e serrata. Quindi era necessario tenere molto alta la cadenza di tiro, per dimostrare al nemico che il numero dei pezzi fosse quasi il triplo della realtà. Fu pertanto messa a dura prova la prestanza fisica dei serventi, giovanissimi ed instancabili. Le sessioni di fuoco vennero mantenute assai prolungate grazie all'abbondanza di munizionamento che veniva rifornito, anche in assenza di tiro di controbatteria che i mercenarios non furono mai in grado di eseguire. Fernandez riferisce, ed è la cosa più curiosa, che a seguito dell'elevata celerità di tiro quasi tutti i pezzi impiegati ebbero a consumare la rigatura delle canne in un paio di giorni. Il giorno 18/04 si concluse con tutti i reparti della Brg. 2506 esistenti posti in ritirata verso sud, verso le spiagge dalle quali erano provenuti. A sera, incalzati dalle Milizie, diversi mercenarios, soprattutto quelli appartenenti al 5° battaglione, finirono per inoltrarsi negli acquitrini e nelle paludi di mangrovie. Castro aveva visto giusto.

All'alba del giorno 19/04 mentre San Blas stava per essere assicurata, Fidel Castro, sempre sfidando le reprimende di alcuni collaboratori, abbandonò la Central Australia salendo a bordo di un T-34 diretto con la sua sezione verso le linee del fronte. Non dormiva da tre giorni. E non si risparmiava. La morsa delle Milizie avanzava ormai omogeneamente verso sud-ovest e sud-est a ventaglio, sfruttando tutte le possibili vie percorribili. Ed anche quelle conosciute solo dai contadini e dai pescatori locali di granchi. I combattenti della Brg. 2506 stavano ormai esaurendo le munizioni, i viveri e soprattutto l'acqua. Si combatte in un clima tropicale, e per loro non arrivano nè rinforzi nè rifornimenti, e di questo incominciano a prendere atto. I loro disperati appelli per un supporto militare diretto da parte degli americani non trovano risposta. Alcuni reparti di irriducibili si trincerano a nord di Playa Larga e di Playa Giròn sfruttando pronunciate concavità del terreno e sparando sino all'esaurimento delle munizioni. Poi non rimane che la resa. Ci fu comunque un ultimo tentativo di aiutare i disperati in ritirata. Dalle basi centroamericane vennero inviati gli ultimi 8 bombardieri A-26 disponibili. Affinché non fossero falciati dal micidiale fuoco antiaereo cubano, sulla portaerei USS Essex fu allertato un gruppo di velivoli Skyhawk A4S dipinti di grigio chiaro, con tutte le insegne e le sigle statunitensi precedentemente cancellate. Tali cacciabombardieri vennero fatti realmente decollare con l'obbiettivo di scortare gli A-26 per l'ultima missione, ma dovuto ad un malinteso organizzativo (gli equipaggi navali osservavano il fuso orario nicaraguense, diverso da quello cubano) la squadriglia arrivò con un'ora di ritardo al punto d'incontro con gli A-26, che in quel momento erano già stati fatti a pezzi sopra Playa Giròn dalle quadrinate AA di Castro. Se ne persero altri quattro, portando il numero complessivo delle perdite a 11 su 16. Nove abbattuti sul territorio cubano e due con atterraggi di fortuna, abbiamo già visto, alle Cayman e a Puerto Cabezas. I cubani riuscirono a recuperare dai relitti alcuni dei cadaveri dei piloti abbattuti. Due risultarono identificabili come Francis Berliss e Thomas Williard Ray, di nazionalità statunitense. I loro corpi vennero congelati e conservati a lungo in obitorio, come prova evidente del coinvolgimento diretto di piloti americani nei combattimenti. In totale furono 5 i piloti statunitensi abbattuti a perire nella battaglia. Nel pomeriggio era intanto iniziato il lungo rastrellamento delle spiagge della Baia dei Porci da parte delle Milizie e soprattutto della Polizia Nazionale Rivoluzionaria. Appoggiati a distanza ravvicinata dalla minacciosa presenza dei mezzi corazzati (T-34 e SU 100) che grazie alla larga carreggiata dei cingoli si muovevano molto bene anche sulle spiagge, iniziava la cattura dei mercenarios ormai sbandati. Fortunatamente il numero degli irriducibili fu estremamente basso e ciò produsse un apprezzabile risparmio di sangue da ambo le parti. I combattimenti erano terminati. Il comunicato ufficiale della vittoria da parte del Comando delle FAR ferma le lancette dell'orologio alle ore 17,30 del 19 aprile 1961. Le mappe delle Foto Storiche dal numero 46 al 49 illustrano graficamente le ultime fasi della battaglia.

Gli ultimi spari.

Il giorno successivo, un reparto di Miliziani e di poliziotti che stavano perlustrando le zone dei combattimenti a ridosso delle spiagge di Playa Giròn in procinto di mappare il terreno alla ricerca di eventuali corpi e di rimanenze belliche, incapparono in un gruppetto di elementi ostili travisato dalla macchia, e dal quale vennero fatti segno da colpi d'arma da fuoco. Le intimazioni di resa non valsero a nulla, ma al contrario venivano sempre date risposte con scariche di colpi. Circondata la zona, venne nuovamente data in duplice lingua l'intimazione alla resa, ma non si ottenne nulla se non ancora spari a casaccio. I cubani decisero quindi di aprire il fuoco e lo fecero con dovizia di armamenti e valanghe di colpi. L'esito successivo fu il ritrovamento di 4/5 corpi che vennero poi ricomposti ed identificati. Tra essi quello del colonnello Vicente Leòn, capo del gruppo G-5 che avrebbe dovuto dare la caccia a Castro ed ai suoi Comandanti. Tutto il G-5 era finito lì.

Conclusioni e conseguenze.

Come abbiamo visto i combattimenti vennero conclusi alle ore 17,30 del 19 aprile 1961. L'operazione "Pluto" era stata completamente sgominata in 66 ore. Senza dubbio gli storici militari hanno anche il compito di accertarsi delle perdite subite da entrambe le parti, funzione che quasi mai risulta agevole, perlomeno sino a quando i contendenti non permettono di incrociare i dati ufficiali. Nel caso della "Baia dei Porci" abbiamo già annotato che, per una serie di ragioni anche comprensibili, per lungo tempo coloro che hanno subito la sconfitta hanno tentato di divulgare resoconti addirittura iperbolici delle perdite avversarie. In realtà l'elemento storico militare che più sorprende, a posteriori, è che la realtà dei fatti abbia sancito una rilevante divaricazione tra l'entità del fattore geopolitico e mediatico dell'evento da una parte, ed il dato considerevolmente basso delle perdite effettive dall'altro. Un evento storico indubbiamente rimarchevole, ma che per fortuna ha prodotto casualties (perdite) tutto sommato contenute. Ne abbiamo già considerato le motivazioni fondamentali.

Da parte cubana tutti coloro che sono caduti nella battaglia sono praticamente collocati nel rango di eroi nazionali. Il loro elenco è stato fornito ed ampiamente pubblicato a Cuba nei giorni successivi alla battaglia, e per ciascuno si sono svolti affollati funerali. Inoltre, per ognuno di essi si è eretto un monumento nel luogo in cui sono caduti che è costituito da una base di cemento sormontata da una stele sulla quale una targa ricorda il nome del caduto. In tutta l'area e nei luoghi dove si sono svolti i combattimenti maggiori sono stati eretti anche monumenti di richiamo collettivo, che ricordano egualmente i medesimi nomi. Vedasi ad es. le foto 04-05-06-07-08-09-12-13-26. Infine, in un settore all'interno del Museo Memoriale della Battaglia a Playa Giròn, recentemente ristrutturato, sono riportati tanti pannelli quanti sono stati i caduti, e che recano la fotografia di ciascun individuo ed i suoi dati anagrafici, elementi significativi della sua vita, il reparto nel quale era arruolato e le circostanze della morte. Un lavoro assai accurato che per forze di cose non dimentica nessuno e non si inventa nessuno. Il totale dei caduti militari cubani è di 156, per circa il 90% appartenenti alle Milizie Popolari ed i rimanenti alle FAR. Vi si devono aggiungere 20 caduti civili, perlopiù vittime dei bombardamenti iniziali sugli aeroporti e sui villaggi limitrofi alle zone di sbarco. Il computo dei feriti è di circa 300, dei quali una cinquantina hanno riportato menomazioni ed invalidità permanenti.

La Brigata d'Assalto 2506 con i suoi 1511 effettivi sbarcati ha contato 114 caduti (i corpi sono stati recuperati ed identificati dai cubani) ed un numero di dispersi che i cubani indicano sui 150, mentre le conferme ufficiali della CIA definiscono in 134. Tutto sommato cifre incredibilmente vicine. I dispersi sono da considerare o annegati durante le operazioni di sbarco o sperduti senza ritorno nelle vaste paludi infestate di coccodrilli che circondano anche in profondità le aree degli sbarchi. Alcune rimanenze umane in condizioni non identificabili sono state rinvenute per settimane successivamente alla battaglia, o restituite dal mare o recuperate dai pescatori di granchi, assieme a brandelli di equipaggiamento inequivocabili. I prigionieri sono stati 1.197. Di essi 60 erano feriti gravemente ed hanno necessitato il ricovero ospedaliero. Altri, feriti più leggermente, non sono stati separati dagli altri. Vediamo ad es. nelle foto storiche 42 e 43 che ritrae i prigionieri durante gli interrogatori nella fortezza Castillo del Principe a L'Avana dal 29 marzo al 3 aprile 1962, alcuni con fasciature e stampelle. Di questi prigionieri ne sono stati stralciati 14 tristemente noti ai cubani per essere stati ex funzionari di polizia ed ufficiali del regime di Batista macchiatisi di gravi delitti. Processati l'8 settembre 1961 a Santa Clara, 5 di essi sono stati condannati a morte, ed agli altri furono comminati 30 anni di reclusione. Tra i fucilati vi fu Ramòn Calvino Insua, ex comandante della polizia politica di L'Avana che si era distinto per le efferate torture inflitte ai rivoluzionari cubani arrestati, e sui quali praticava personalmente la castrazione e lo stupro alle donne. Altri fucilati furono i killer prezzolati di sindacalisti come Rafael Emilio Soler Puig e Jorge Kim (quest'ultimo di origine coreana, lo si vede nelle foto del pannello riprodotto con la foto escu16-53). L'ultimo degli incarcerati fu graziato e liberato nel 1986. 26 mercenarios risultano essere stati recuperati in mare dagli uomini rana statunitensi e salvati dal sommergibile USS 'Threadfin' che faceva parte del naviglio di scorta all'operazione. Un'altra decina riuscì a fuggire, evitando la cattura, con una imbarcazione a vela che salpò dalle spiagge di Playa Giròn il 19 aprile e fu recuperata alcuni giorni dopo nelle acque antistanti New Orleans con gli occupanti allo stremo delle forze.

La sorte degli oltre 1.100 prigionieri fu decisa ovviamente da Fidel Castro. Fu sua l'idea di considerare i mercenarios da par loro, come merce di scambio. Trattati umanamente, attesero incarcerati che le trattative instaurate con il governo statunitense giungessero alla conclusione, con la mediazione di osservatori dell'ONU e della Croce Rossa Internazionale. Vennero imbarcati con un ponte aereo verso Miami il 23 dicembre 1962. I loro sessanta feriti erano stati liberati e rispediti negli USA quattro settimane prima, come segno di buona volontà. In cambio il regime castrista ottenne un carico di forniture di generi alimentari, alimentari per l'infanzia e farmaceutici per un valore pari a 53 milioni di dollari dell'epoca, che giunsero con navi mercantili nel porto dell'Avana. A tutto ciò si aggiunse un ingente bottino militare raccolto dai cubani sulla terraferma, soprattutto costituito da armi leggere e portatili, ed in minima parte recuperato successivamente dai relitti navali distrutti.

Le conseguenze dello scontro alla Baia dei Porci appartengono alla Storia del secolo '900. Produssero il totale scivolamento di Cuba nella sfera di influenza sovietica. Ampliarono ulteriormente il consenso verso il regime rivoluzionario, consolidarono vieppiù la leadership di Fidel Castro che divenne espressamente totalitaria, e tarparono pesantemente le possibili realtà di opposizione interna al regime, in verità essenzialmente minime anche prima. Abbiamo già visto in precedenti annotazioni, quanto amare furono le conseguenze politiche interne negli Stati Uniti. Come è noto alcuni analisti sostengono che gli insuccessi subiti nella gestione delle operazioni più o meno clandestine avverso il regime cubano possano anche avere determinato alcune ragioni che portarono all'assassinio del Presidente Kennedy. Dal punto di vista strettamente militare, a nessuno era sfuggito come un pugno di aviatori esperti su un pugno di aerei di ottima fattura ben riforniti, avessero conseguito risultati determinanti per la sorte della battaglia. All'Unione Sovietica non parve vero allacciare un avversario tosto nel cuore del continente americano, e la prima cosa che fece fu quella di spedire in meno di due mesi a Castro 60 jet MIG-15 per addestrare da subito una nuova generazione di piloti, e con un protocollo che prevedeva la loro sostituzione entro l'anno con i Mig 17 e i Mig 19. Probabilmente fu la conseguenza più concreta che dotò le FAR, entro lo stesso 1961, di una force de frappe aerea sufficiente a garantirsi una soglia elevata di sicurezza bellica negli anni seguenti.

Oggi.

Proprio nel 55esimo anniversario della tentata invasione alla Baia dei Porci, nel 2016 assistiamo ad eventi positivi che concludono decenni di conflitti, embarghi, isolamenti, demonizzazioni da ambo le parti tra Cuba e gli USA. Barack Obama e Raul Castro hanno portato a compimento alcuni passaggi fondamentali per una prossima completa normalizzazione dei rapporti tra i due paesi. Incredibile fino a pochi anni orsono, le Ambasciate dei due Paesi sono state riaperte. Centinaia, se non migliaia di turisti americani hanno già iniziato a sbarcare (pacificamente, molto pacificamente) a Cuba occupandosi non di trame o di armi ed armamenti ma bensì sorbendo moltitudini di sigari, rhum, birra, gelati e mojitos. Stavo spesso seduto sulla Plaza Vieja de L'Avana nel luglio scorso, all'ora del vespro, al tavolino di una nuova grande ed artigianale birreria che riesce ad affollarsi all'inverosimile (birra straordinaria!). In breve io e mia moglie venivamo circondati da nugoli di turisti americani che pervenivano da ogni dove, come si dice dalle mie parti, òmm, dòne e putéi (uomini, donne e bambini). Molti anche gli anziani, tutti con abbigliamento estivo più largo di due misure, sandali, e la barba bianca sul volto scottato, in testa impossibili cappellini sghembi. Tutti sembravano Hemingway. Solerti camerieri gli insegnavano come accendere il sigaro. Incrociavo lo sguardo con mia moglie e ci scappava da ridere. Piuttosto che perpetuare tentativi di guerre impossibili, è certamente meglio provare a vincere una pace proficua.

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